In data 16 settembre 2025 il Tribunale di Roma sezione Lavoro ha disposto la trasmissione alla Corte di Giustizia Europea l’ordinanza n. R.G. 36860/2023 del Giudice designato riguardo la controversia sulla cessione del “Perimetro Aviation” ( Attività di Volo ) da Alitalia SAI a ITA Airways.
Il Tribunale di Roma in funzione di Giudice del Lavoro, visti gli art. 19, co. 3, del Trattato dell’Unione Europea ed art. 267 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea, rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la seguente questione pregiudiziale e formula i seguenti quesiti:
1) Se l’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva 2001/23 debba essere interpretato, insieme all’art. 147 TFUE, nel senso che la condizione che “una procedura fallimentare o una procedura di insolvenza analoga sia aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente” è soddisfatta allorché:
a) la procedura di amministrazione, per espressa disposizione di legge, persegua finalità conservativa del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali, ai sensi dell’art. 1, del D.Lgs. 270/1999.
b) la procedura di amministrazione straordinaria è aperta qualora le imprese destinatarie presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali, ai sensi dell’art. 27, co. 1, D.Lgs. 270/1999.
c) al contrario, in difetto del presupposto di concrete prospettive di recupero, il Tribunale competente dichiari l’apertura del fallimento, oggi denominata liquidazione giudiziale.
d) la procedura di liquidazione giudiziale o liquidazione coatta amministrativa si apra dopo che sia emesso il decreto di cessazione dell’attività di impresa ai sensi dell’art. 73, comma 1, D.Lgs. 270/1999.
e) sia formalmente adottato dai Commissari Straordinari un programma di cessione di complessi aziendali o di complessi di beni e contratti, ai sensi dell’art. 27, comma 2, lett. a) e lett. b-bis), in combinato disposto con l’art. 56, comma 3-bis D.Lgs. 270/1999, con conseguente esclusione dell’accertamento giudiziale della medesima condizione.
f) sia effettivamente perseguita nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria la massima soddisfazione del ceto creditorio e di ciò vi sia prova nell’ambito
del giudizio di merito;
g) al contrario, nell’ambito del giudizio di merito, non sia fornita prova del perseguimento della finalità di massimizzare l’interesse del ceto creditorio.
2) Se l’articolo 5, paragrafo 1, Direttiva 2001/23 debba essere interpretato, insieme all’art. 147 del TFUE, nel senso che la condizione che “una procedura fallimentare o una procedura di insolvenza analoga si svolga sotto il controllo di un’autorità pubblica competente” è soddisfatta, allorché:
a) nella procedura di amministrazione straordinaria, il controllo giudiziale sia limitato alla dichiarazione dello stato di insolvenza che precede l’apertura della procedura;
b) la procedura di amministrazione straordinaria preveda un controllo giudiziale soltanto all’esito del programma di cui all’art. 27, comma 2, D.Lgs. 270/1999, ed esclusivamente con l’emissione del decreto di cessazione dell’attività di impresa;
c) nessun controllo giudiziale sia ordinariamente previsto in relazione all’effettivo perseguimento della finalità di massimizzazione della soddisfazione collettiva dei creditori ovvero di salvaguardia dell’operatività dell’impresa o delle sue unità economicamente redditizie.
3) Se, alla luce degli artt. 3, 4 e 5 della Direttiva 2001/23/CE, interpretato alla luce dell’art. 147 del TFUE, sussiste una discriminazione indiretta ai sensi dell’art. 21 della CDFUE (interpretato ed applicato alla luce degli artt. 52 e 53 della CDFUE) tra i lavoratori, direttamente comparabili tra di loro, che possono accedere alle tutele degli artt. 3 e 4 della Direttiva 2001/23 e degli artt. 1 e 11 della Direttiva 2008/94 mantenendo in continuità il proprio posto di lavoro e le condizioni di lavoro, in caso di procedura che abbia finalità conservativa, e lavoratori che, invece, in caso di procedura che abbia finalità liquidatoria non possano accedere alle tutele degli artt. 3 e 4 della Direttiva 2001/23/CE (e dell’art. 1 e 11 della Direttiva 2008/94/CE) e, dunque, non possano più mantenere il proprio posto di lavoro, allorquando, nell’ambito di una procedura liquidatoria vengano comunque effettuate operazioni di cessione d’impresa o parte dell’impresa che assumono le caratteristiche, di fatto, della conservazione di quella stessa impresa o parte dell’impresa ceduta.
4) In caso di risposta positiva, ossia in caso di accertamento di una discriminazione indiretta non sorretta da ragione obbiettiva (priva di finalità legittima e/o non perseguita mediante l’adozione di mezzi appropriati e necessari), ai sensi dell’art. 147 TFUE, dell’art. 21 CDFUE e delle Direttive 23/2001/CE e 94/2008/CE, se possa applicarsi il principio di equivalenza delle tutele antidiscriminatorie, secondo il quale i lavoratori svantaggiati possono acquisire le medesime tutele dei lavoratori assunti in comparazione e trattati più favorevolmente, come sancito dalla CGUE, Grand Chambre, con la sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, causa C-414/16 (punti 75-80).
5) Se l’intervento normativo effettuato dal Governo italiano con l’introduzione dell’art. 1, co. 1-bis, del D.L. 4/2024, conv. con modificazioni in L. 28/2024, che novella l’art. 27 del D.Lgs. 270/1999, che incide direttamente sui giudizi in corso e pendenti dinanzi all’Autorità Giudiziaria nazionale, in una situazione di fatto e di diritto che vede il Governo italiano direttamente coinvolto come autorità di controllo dell’impresa cedente, integri una violazione degli artt. 47 e 54 CDFUE (che trovano il proprio corrispondente, ai sensi dell’art. 52, par. 3, CDFUE, negli artt. 6 e 17 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) e degli artt. 52 e 53; se, dunque, tale norma interna osta alla piena applicazione del diritto ad un ricorso effettivo a causa di un abuso di diritto, e/o osta al livello di protezione e/o portata dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta di Nizza e dalle Direttive indicate.
6) Se l’intervento normativo effettuato dal Governo italiano con l’introduzione dell’art. 1, co. 1-bis, del D.L.4/2024, conv. con modificazioni in L. 28/2024, che novella l’art. 27 del D.Lgs. 270/1999, così come interpretato dalla Corte Costituzionale (sent. 99/2025) costituisce una violazione del divieto di regresso delle tutele dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro disciplinato dalla Direttiva 2008/94/CE agli artt. 1 e 11 e, per l’effetto, osta al perseguimento delle finalità volute dalla direttiva stessa.
Dispone, nelle more della pronuncia della Corte UE, la sospensione del processo sino alla decisione della Corte, non apparendo sussistere questioni cautelari su cui provvedere.